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SARCOMI
I sarcomi dei tessuti molli sono un raro gruppo di neoplasie maligne che origina dai tessuti connettivi e costituisce circa l’1% di tutti i tumori.
L’incidenza di queste neoplasie è del 6 per 100,000 abitanti/anno, con una leggera prevalenza nel sesso maschile. I sarcomi sono più frequenti attorno alla sesta decade di vita con una variabilità legata ai diversi tipi istologici. Sono, inoltre, più comuni tra i bambini, rappresentando il 15% di tutti i tumori solidi pediatrici, mentre risultano rari tra gli adolescenti.
La famiglia dei sarcomi include più di 80 differenti entità istologiche e circa 200 sottotipi molecolari, di cui il 75% origina dai tessuti molli, il 15% dallo stroma gastrointestinale e il 10% dall’osso.
Le sedi maggiormente colpite sono le estremità (50%), seguite dal retroperitoneo (20%), dai visceri (15%), dal tronco (10%) e dalla regione del testa-collo (5%).
Fattori quali l’età del paziente, le dimensioni, il grading e l’istologia si sono rivelati predittori della sopravvivenza globale e sono stati inclusi in nomogrammi appositi, che guidano nella scelta dell’approccio terapeutico (www.sarculator.com).
Nonostante la valenza dell’approccio multidisciplinare ad una patologia di tale rarità e complessità, la chirurgia rimane la pietra miliare del trattamento. Una chirurgia ottimale, basata su una resezione en-bloc con margini microscopicamente liberi da malattia, rappresenta l’unico trattamento potenzialmente curativo di sarcomi localizzati. Tuttavia, la conoscenza delle caratteristiche istologiche e di altri fattori prognostici è fondamentale per contestualizzare l’intervento all’interno di un approccio multidisciplinare, risultante dalla collaborazione di Chirurghi Oncologi, Patologi, Radiologi, Radioterapisti ed Oncologi.
Data la complessità di questa patologia e l’eterogeneità della sua manifestazione, è fondamentale che la gestione dei pazienti avvenga in centri di riferimento che vantino una expertise multidisciplinare. Questi centri dovrebbero trattare un elevato numero di pazienti all’anno ed essere coinvolti in trials clinici che consentano di sviluppare trattamenti personalizzati.
GIST
I tumori stromali gastrointestinali (GIST) costituiscono i tumori mesenchimali più comuni del tratto gastroenterico, benché rappresentino solo l’1% di tutte le neoplasie maligne.
Rientrano a far parte del più ampio gruppo dei sarcomi poiché hanno origine da cellule mesenchimali, le cellule interstiziali di Cajal, che hanno la funzione di coordinare l’attività muscolare e nervosa del tratto gastrointestinale.
Il tasso d’incidenza è di 1-1,5 casi ogni 100’000 abitanti/anno: in Italia ogni anno circa 600-900 persone ricevono diagnosi di GIST.
Questi tumori possono manifestarsi in tutto il tratto gastrointestinale, dall’esofago all’ano, e a qualsiasi età, anche se la mediana di insorgenza si aggira intorno alla 5°-6° decade.
Le sedi di insorgenza più frequenti sono: stomaco (50%), intestino tenue (25%), esofago (5%) e retto (5%); molto più rare sono le localizzazioni extraintestinali.
Il meccanismo fisiopatologico alla base di questi tumori è la crescita incontrollata delle cellule portatrici di una mutazione del DNA che altera la funzione del recettore KIT (CD117), responsabile dell’invio dei segnali di crescita e proliferazione: così accade che tali cellule sopravvivano e si riproducano senza controllo. Grazie alla comprensione di questo meccanismo, è stato possibile realizzare dei farmaci aventi come bersaglio specifico tale recettore KIT mutato, in modo tale da colpire direttamente le cellule con questa alterazione molecolare responsabile della crescita tumorale.
I GIST si possono manifestare all’esordio come massa addominale, spesso evidenziata in maniera accidentale nel corso di altri accertamenti, oppure per un sanguinamento del tratto gastrointestinale (più spesso acuto, con necessità di intervenire in urgenza).
La prima scelta per il trattamento dei GIST è rappresentata dalla chirurgia: quando la malattia è localizzata, la chirurgia si prefigge l’obiettivo di asportare completamente tutto il tumore visibile, risultando curativa in più della metà dei casi.
La terapia farmacologica si avvale di anticorpi monoclonali (chiamati Imatinib, Sunitinib, Regorafenib), che neutralizzano le molecole alterate in questo tipo di tumori (come KIT e PDGFR-α); è indicata per il trattamento dei pazienti con GIST avanzato (inoperabile) e/o recidivato, come terapia adiuvante in base alla stratificazione del rischio post operatorio, e talvolta anche come trattamento neo-adiuvante, ovvero prima della chirurgia, per ridurre la massa tumorale e quindi ottenere maggiore radicalità con l’intervento. In ogni caso, l’analisi mutazionale (di KIT, PDGFR-α, SDH, NF1) deve guidare il trattamento farmacologico.
La complessità e la rarità di questa patologia rendono necessario un approccio multidisciplinare, che deve coinvolgere chirurghi, oncologi e patologi esperti; inoltre è fondamentale confezionare il trattamento più adeguato al singolo paziente, al fine di ottenere la risposta migliore possibile con il minimo rischio di recidiva.